Da piccola volevi il meccano ma non te lo compravano. Volevi giocare con le pentoline ma ti dicevano che non erano adatte a un maschietto. Se ti riconosci giovane vittima di questi ingiusti stereotipi, sappi che questo è il momento del tuo riscatto.
Ci dice una amica che, quest’anno, Santa Lucia ha portato al figlio di 8 anni una cucina giocattolo. Il maschietto non ha pensato affatto che fosse un regalo da femmina, ma voi che leggete? Forse sì, anche solo per un riflesso incondizionato dovuto alla vostra infanzia. Perché se avete più di 30 anni avete vissuto in un’epoca in cui i giocattoli erano rosa per le “femminucce” e celesti per i “maschietti”.
La verità è che in TV si vedono solo chef uomini e che la mamma del bambino lavora tutto il giorno e cucina tanto quanto cucina il marito. Per il bambino, quindi, non esistono cucine giocattolo solo per bambine. Non può immaginare nemmeno lontanamente che se al padre, da piccolo, fosse stato fatto lo stesso dono, sarebbe diventato lo zimbello della scuola.
Eppure il nostro paese ci ha cresciuti così e ora assistiamo a dei cambiamenti epocali che, mentre fanno felici noi, forse non fanno felici i signori che devono re-inventare continuamente il marketing del prodotto. Come si conquista una bimba di 7 anni o un ragazzino di 10 (i kotleriani “utilizzatori”), oggi? Come si convincono i genitori (i “decisori/acquirenti”) a comprare? E come si fa a non urtare la loro sensibilità, a non finire sui social, a non diventare meme?
Semplice: bisogna cambiare per adattarsi alla coscienza collettiva, ma centellinando le insufflazioni di modernità per non spaventare il religioso status quo culturale che dagli anni ’50 rallegra la penisola.
L’Osservatorio Gendersi interessa della questione e pone al confronto l’Italia con l’estero. Alcune ditte di giocattoli straniere, come per esempio la spagnola Toy Planet, aderiscono alla campagna internazionale Let Toys be toys, che invita le aziende a fare proposte gender neutral.
Let Toys Be Toys campaign is asking the toy and publishing industries to stop limiting children’s interests by promoting some toys and books as only suitable for girls, and others only for boys.
Da noi, invece, la situazione appare ancora molto distante. Abbiamo dato uno sguardo ai cataloghi di giocattoli online. Grandi catene come Giocheria, soltanto tre mesi fa, facevano queste imbarazzantissime proposte da Italia post-bellica nel catalogo di Natale:
Toys Center invece la mette sull’aggressivo, con un impietoso confronto nelle pagine centrali.
Dal catalogo Peg Perego, invece:
Fa scuola lo spot AUDI, un vero e proprio divertentissimo corto animato, che vuole ribaltare gli stereotipi. Lo fa parlando un linguaggio comprensibile ai bambini e che solletica gli adulti, andando a colpire in particolare il pubblico femminile.
Qui, l’indole del piccolo protagonista non viene assecondata: viene forzato dalla madre a rinunciare alla Barbie che, dopo rocambolesche avventure, si trovava alla guida di una Audi giocattolo. Ma lui, di nascosto, la recupera, perché per lui il gioco è gioco, non esistono stereotipi.
Peccato che, però, si tratti dello spot di un’automobile.
La vita è già questa. È la comunicazione che non è ancora al passo con i tempi. Vorremmo vedere spot per bambini, contenuti televisivi, packaging e pubblicità di giocattoli che rispecchino il reale, perché a uscirne confusi sono solo loro: i bambini.