È nel tuo cellulare, ma non è Cortana, né Siri.
È Google in persona! Spaventosamente autorevole.
L’assistente di Google è divertente per tutti, ma fondamentale per uno smart worker. C’era un tempo in cui la fotocamera nel telefono o lo schermo touch erano considerati orpelli inutili: perché mai dovrei fotografare qualcosa con un telefono? Perché il touch screen, quando posso avere una comodissima tastiera?
Ecco, quello era un tempo in cui le cose non funzionavano ancora benissimo. La tecnologia aveva ancora quei piccoli intoppi, come uno schermo poco sensibile o una fotocamera sì, ma in un mondo di MMS (niente social, niente Whatsapp) che ce la rendeva ancora poco utile.
Ecco, per Cortana e Siri è accaduto un po’ lo stesso. Vi è mai capitato di disattivarli con disappunto?
Abbiamo ora la percezione che il sistema abbia raggiunto un livello di utilità “popolare”, funzionando dignitosamente per le cose di tutti i giorni e riuscendo a compiere molto bene una serie di azioni desiderabili dall’utente medio.
Innanzitutto bisogna ricordare che è Google che parla. Ribadiamolo: il capo. In pratica, il tizio con la voce amica che vive nel vostro telefono si connette alla rete (come il Tagliaerbe di Stephen King) e usa il cervello di Google, dunque risponde logicamente.
La configurazione è basata sul riconoscimento vocale. Il sistema chiederà di pronunciare più volte il comando di attivazione “Ok Google” (fatelo con tono entusiastico, mi raccomando) e potrete scegliere se impostarlo anche per sbloccare lo smartphone. Funzione opzionale, per scongiurare che qualcuno con la voce simile alla vostra acceda all’apparecchio senza password.
Nel mare delle inutility che può fornirvi l’assistente vocale di Google (fra le inutility annoveriamo “Leggimi una poesia”, “che tempo fa OGGI” o dialoghi nonsense come “ok Google, insultami”) alcune funzioni sono davvero indispensabili.
Ecco le nostre perle, per lo smart worker che vuole essere sempre al top.
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Ricordami
Ricordami è un must have da brivido.
Quando devi assolutamente spedire una raccomandata, Google può ricordartelo e lo fa QUANDO SEI ALLE POSTE. Ti ricorda di fare gli auguri alle persone nel giorno del loro compleanno. Ti ricorda dove hai messo le chiavi. Quando vagherai come un’anima dantesca per i vicoli, basterà chiedere: “Ok Google, dove ho parcheggiato?” e lui ti guiderà all’automobile.
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Portami
Più di un semplice attivatore di navigazione. Portami può essere usato per navigare su Google Maps, con tutte le funzionalità di Google Maps. Quindi, al comando “Portami”, si può chiedere di guidarvi al supermercato più vicino, alla farmacia di turno, verso casa di un amico, o semplicemente, casa vostra quando siete brilli. In questo caso a piedi, sia chiaro.
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Fammi sentire/leggimi
Volete ascoltare un pezzo che vi piace tanto? Ok Google, fammi sentire finché la barca va. Google, con il garbo della sua voce sorridente, farà partire subito la Orietta da Youtube.
Leggimi, invece, può essere usato – come già detto – quando avete bisogno di poesia nella vostra vita (“Ok Google, leggimi una poesia”. Ne sceglierà una per voi), oppure per scoprire le notizie del giorno. In verità, il comando “Leggimi” è assai più ricco di funzioni, utilissime soprattutto alla guida: dalla lettura degli sms alle ultime email di qualcuno, fino alle note che avete salvato poco prima.
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Chiedere cose
Perché navigare come forsennati sul web per scoprire la data di nascita di Garibaldi, quando basta chiederlo a lui? Avete un Google che parla nel telefono. Chiedetegli delle cose!
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Prendere nota e fissare promemoria
Non solo quando siete alla guida, ma nella vita di tutti i giorni. Google Assistant, banalmente, ti evita diversi passaggi (aprire il blocco note, digitare, salvare e fissare promemoria), facendo tutto al suono della tua voce. Basta chiedergli di scrivere una nota con (nome app).
Conclusioni?
Tutto questo è molto bello, ma ha i suoi contro. Il primo, già citato, è che il sistema possa confondere le voci. Nell’uso quotidiano non ci è mai accaduto, ma è Google a mettere le mani avanti e segnalare questa possibilità.
Altra criticità: i comandi vanno imparati e Google Assistant va educato. Il sistema deve conoscervi, per capirvi. Dovete loggarvi con lo stesso account, sempre, perché ad esso avrete connesso le app di utilizzo frequente (per esempio: avrete autorizzato Spotify ad “agganciarsi” a quell’account). Inoltre, dovrete sapere come parlare al sistema, che risponde a precisi comandi.
Nel complesso, la tecnologia è “pronta”, è scattata l’ora zero in cui è esplosa nei telefoni (e nelle case) di una folta moltitudine globale e da qui in poi divorerà ogni informazione che le daremo come una pianta fa con l’acqua. Da qui in poi è una discesa, verso apparati sempre più intelligenti e persone, forse, sempre più disfunzionali e pigre.