Queste righe sono per te, che stai per mollare tutto per andare ad Aruba con la tavola da surf.
Certo: se in questo nevoso pomeriggio sei al PC a leggerci no. Forse non sei tu, quello della tavola da surf. Ma potrebbe interessarti comunque. Perchè queste sono righe scritte per chi si è ubriacato di messaggi startup-friendly che lo hanno convinto che si debba, a tutti i costi, inseguire un sogno. Che valga la pena anche di calpestare cadaveri, pur di fare quello che si desidera.
Eppure in Italia vi sono tante startup che falliscono dopo un anno e tante piccole imprese o studi che sopravvivono da generazioni. Questo è un dato che diventa un fatto: il fatto che a volte i nostri sogni possono fallire mentre quello di un altro sta sopravvivendo. Se questo “altro” è nostra madre, nostro padre, nostro nonno, allora quel sogno riguarda un po’ anche noi.
Diverse condizioni di sviluppo, diversi contesti storici e diversi percorsi hanno reso solidi quei gusci caldi e familiari da cui alcuni giovanissimi desiderano scappare, per avere – come è sacrosanto che sia – una propria identità.
Nel rispetto delle attitudini di ciascuno e nella necessità di una formazione umana, oltre che professionale, le nuove generazioni devono provare e scoprirsi, tentare e ammattirsi, sbattere la testa e riprovare. Ma devono infine fare i conti con quello che hanno e che, quando si è fortunati, è una preziosa eredità: lo studio dentistico del padre, un negozio avviato, la fabbrica di mobili, i clienti dello studio legale.
Questi fortunati devono prepararsi all’impatto: prima o dopo, tutto questo cadrà loro addosso. E, per quanto ce la mettano tutta, non lo potranno schivare (questa è un’illusione), lo potranno solo gestire.
Molto spetta ai padri, molto però spetta ai figli: se l’attività della famiglia è florida, non possono ignorarla. Non solo perché sarebbe un sacrilegio (nessun ricatto morale: solo una doverosa rabbia sociale), ma soprattutto perché le conseguenze dell’abbandono cadranno su di loro. Pensate ai clienti, ai collaboratori, al fisco. A tutto.
Insomma: ereditare una attività che funziona significa essere co-proprietari di qualcosa di meravigliosamente vivo, di cui dovrete interessarvi in modo partecipe e costruttivo. Fate surf ad Aruba, ma intanto preoccupatevi che qualcuno stia alla cassa mentre siete via. E se avete una passione o un talento per qualcosa che vi pare tanto lontano dal business familiare, provate a immaginare invece di applicarlo proprio lì. Magari sarete voi a portare l’innovazione che mancava!
Ecco quindi tre esempi di come questo sia più semplice di quanto pensiate.
Stefano Calzaretta ha introdotto l’ecommerce nell’attività a conduzione familiare dei suoi, quello dei ricambi d’auto. Ora sono leader in Italia. Non è una crescita solo digitale: è cresciuta la sede e il numero di collaboratori.
Il mobilificio di famiglia si trasforma grazie allo storytelling multimediale. Filippo Berto ha portato innovazione in una delle molte imprese artigiane produttrici di divani che si trovano in Brianza, raccontando online ogni fase della lavorazione, addirittura collegandovi campagne di crowdfunding e co-crafting.
Un’azienda familiare con quattro dipendenti che riesce a servire anche l’estero grazie al Net Taylor. Connette punti vendita convenzionati in tutto il mondo e grazie a una internet camera riesce a prendere le misure, dialogare con il cliente, consigliare il tessuto e quindi realizzare il vestito a Cernobbio per spedirlo al cliente a domicilio.